Enrico Busto, hat maker

Enrico Busto, hat maker

Enrico Busto

Hat maker in Los Angeles.

Ho conosciuto Enrico sotto il sole cocente in quella che sembra un’altra vita. Era il 2007, lui era responsabile eventi Gazzetta per RCS, io del mio beachvolleymagazine.com. Una persona intraprendente, solare, sempre sorridente. Gli aneddoti si sprecano. Enrico è stato manager di scucesso, non ha mai smesso di studiare e mettersi in discussione. Da qualche anno si è trasferito in California, il paese del sole, e lì ha realizzato il suo sogno:  fare cappelli… solo che non lo sapeva nemmeno lui che fare cappelli su misura a Topanga fosse il suo sogno!
Il logo della sua bottega è un un leone con il cappello. A sintetizzare il coraggio e il legame con la terra di origine, Venezia.

Come hai capito che questo era il tuo sogno?

Credo che i sogni cambiano forma è direzione di continuo per cui è fondamentale avere una direzione ma appassionarsi disperatamente al percorso. A volte quando raggiungi un obbiettivo, la gratificazione dura pochissimo per cui, spostare l’asticella continuamente è indispensabile per me.
Ho capito che la California era la mia vocazione nel 2001 quando sono venuti qui per tre mesi. Ma una volta arrivato è stato un nuovo inizio, non potevo raccogliere i frutti delle esperienze fatte in Italia, delle relazioni costruite in tanto tempo, ho dovuto ricominciare da zero, riprendere la patente, capire come funziona il credit score, come relazionarmi con le persone e diverse culture e quale direzione professionale prendere. Ho studiato molto, chiesto consigli, provato e fallito…tante volte. Ho cercato di creare un’attività che mi gratificasse, mi permettesse di esprimere creatività, di incontrare persone speciali, di dedicare tempo alla mia famiglia e a me stesso. Ci è voluto molto tempo ma ora mi sento soddisfatto e gratificato!

Quale è la dote (talento o skill) che ti ha permesso di realizzare la tua impresa?

Coraggio e persistenza sono un cocktail vincente. Bisogna provare, lasciare il mondo conosciuto con un po’ di incoscienza e poi andare avanti nonostante le difficoltà. Come ho citato nel mio intervento al TEDex di Jesolo lo scorso anno, le due chiavi per me sono seguire l’istinto ed allenarsi ad accettare i risultati invisibili. Non è facile ma sul lungo termine premia inevitabilmente.

Da Venezia a Los Angeles. Ti chiedo senza polemiche perché lì sta funzionando e se qui sarebbe stato possibile realizzare una boutique di cappelli su misura.

Il vero problema è che in Italia viviamo vittime del giudizio altrui. Se dopo essere stato direttore marketing di squadre di calcio di serie A mi fossi messo a fare l’artigiano avrei subito una pressione sociale che forse mi avrebbe fatto mollare dopo qualche inevitabile difficoltà. Qui in California mi sono sentito libero dal pregiudizio, quando sono venuto qui, da solo, non conoscevo nessuno, quindi nessuno mi poteva giudicare.
La realizzazione di un cappello su misura è un’esperienza e può costare tra i 750$ e gli 850$

Chi sono i tuoi clienti, come nasce l’ ispirazione e cosa ti rende più orgoglioso nelle tue realizzazioni?

I miei clienti sono la linfa che mi da energia. Ogni persona che incontro mi da tantissimo in termini di creatività, idee e mi stimola a fare cose che non ho mai provato prima. La diversità è una cosa che mi affascina e stimola molto, e qui ho modo di collaborare con artisti, musicisti, creativi con origini, etnicità, esperienza molto eterogenee. Vivendo in una città come Los Angeles la crescita personale è stata pazzesca. Ma devo dire che sono riuscito a fare leva su queste diversità studiando molto design e proporzioni, colori e linee. Ho anche ristrutturato centinaia di cappelli vintage che mi ha permesso di avere una base di esperienza e capacità di osservazione. La soddisfazione più grande che ciò che faccio mi dà è la collaborazione e amicizie che ho creato durante il processo di creazione dei cappelli, e vedere che un semplice cappello diventa un compagno di avventure per molte persone. Qualche settimana fa è arrivato un ragazzo che è venuto da Aspen, in Colorado solo per farsi fare un cappello. Gli ho chiesto come mai fosse venuto proprio da me. Mi ha raccontato che qualche mese prima ha incontrato qualcuno in aeroporto, credo al JFK di New York e gli chiese informazioni sul suo cappello. Questa persona, che non so proprio chi sia, ha speso mezz’ora a raccontargli dell’esperienza, del design, del processo di collaborazione che abbiamo avuto nel creare insieme. Queste sono per me le bellezze della vita.

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